Ferula Communis

Appartenente alla famiglia delle Apiaceae o Ombrellifere, come il finocchio (Foeniculum vulgare) con il quale spesso viene confusa.

Uno dei simboli dell'Alta Murgia, i camminatori non possono non notarla, alta, a fusto dritto, dai gialli fiori ombrelliformi, viene spesso usata come bastone dagli stessi. Se ne possono trovare esemplari alti anche più di 2 metri.

 

Si tratta di una pianta tossica per le sue proprietà anticoagulanti, e quindi se ingerita può manifestare emorragie;

sintomi frequentemente riscontrati in ovini, caprini, bovini ed equini. Il cosiddetto mal della ferula.

Infatti le donne in Asia centrale, come anche un piccolo gruppo sugli Appalachi del Nord Carolina usano questa pianta per provocare l'aborto nel primo trimestre.

Curiosità e leggende

I fusti fioriferi vengono raccolti in estate quando sono ormai sfioriti e, privati delle ombrelle, dopo l'essiccatura, vengono usati per lavori di artigianato, ad esempio i tipici sgabelli a forma di cubo, detti "furrizzuoli" o "furrizzi" (Sicilia centrale), molto resistenti e leggerissimi. In Puglia questi scranni in ferula li chiamano "freddizza", sul Gargano " furrizza".

Venivano utilizzate quali traverse per appendere le foglie di tabacco a essiccare.

Inoltre sulle radici di questa pianta cresce il fungo ferula (Pleurotus eryngii var. ferulae), ricercatissimo e molto apprezzato in cucina.

Nella mitologia greca si racconta che Prometeo, rubato il fuoco agli dei per donarlo all'uomo, lo trasportò all'interno di un fusto secco di ferula, accendendo il midollo secco contenuto all'interno.

Il Silfio, una pianta estinta appartenuta probabilmente al genere Ferula

Cresceva in Cirenaica (attuale Libia).

Essa rappresentava un tempo la maggiore risorsa commerciale dell'antica città di Cirene per il suo utilizzo come spezia e medicinale. La pianta era così importante per l'economia cirenaica che divenne il simbolo della città ed era rappresentata in molte delle sue monete.

Secondo la leggenda, la pianta era un dono del dio Apollo. Era ampiamente utilizzata dalla maggior parte delle antiche culture mediterranee; i Romani la consideravano "valere il suo peso in denarii."

Il prodotto di valore era una resina ricavata dalla pianta. Veniva raccolta in maniera simile alla Ferula assafoetida, una pianta con proprietà simili al silfio, tanto che i Romani, compreso il geografo Strabone, usavano la stessa parola per descrivere entrambe.